Disegnare la propria sfera morale: un esercizio di inclusione
Quanto è inclusiva la nostra comunicazione? Chi o cosa ne rimane (ancora) fuori? La considerazione morale di ciascuno di noi è visualizzabile come una sfera… più o meno ampia.
Quanto è inclusiva la nostra comunicazione? Chi o cosa ne rimane (ancora) fuori? La considerazione morale di ciascuno di noi è visualizzabile come una sfera… più o meno ampia.
In un celebre racconto di Jean-Paul Sartre, il protagonista è sovrastato da statue che prendono vita e iniziano a svolazzare per la stanza. Qui, saremo noi umani, a diventare statue.
Rumi, il poeta mistico persiano vissuto nel tredicesimo secolo, scrisse: “Al di là delle idee di giusto e di sbagliato, c’è un campo. Vi aspetterò laggiù”. Siete mai andati in questo campo?
Gli antichi, che la sapevano parecchio lunga, amavano monitorare la propria vita. Non buttarci un occhio, ogni tanto. Ma farlo con frequenza e regolarità.
Chi non ama la fiction, alzi la mano. Bene: mi sembra che nessuno l’abbia alzata. La narrativa è da sempre onnipresente nella cultura mediale. E se svolgesse una funzione etica?
Non sarebbe appassionante redigere un nostro dizionario morale, in merito a come comunichiamo? Potremmo chiederci: quali sono i principi che mi permettono di raggiungere il bene?
Come comunicate con una persona cara? E se domani, improvvisamente, moriste? Che ricordo le lascereste? Ecco un esercizio utile, prima di volare in cielo.
Quante volte dovremmo imparare a sentirci meno convinti di qualcosa? Invece, siamo fissati con il voler avere ragione a tutti i costi. Ci incaponiamo proprio. E guai a chi ci contraddice.